Il primo cervello artificiale entro il 2019?

LOSANNA – Se ne parla da decenni, da quando Touring, a metà del secolo scorso teorizzò la macchina perfetta. Un’intelligenza artificiale autonoma, in grado di apprendere, e accrescere autonomamente.

Ne ha narrato la letteratura di Asimov, ne ha fantasticato il cinema di Kubrick. Ci si sono avvicinanati Google e le tecnologie semantiche, ma la coscienza così come il funzionamento concreto del cervello umano sono ancora ben lungi dall’essere replicabili.

Oggi però, secondo Henry Markan, membro del Blue Brain Project, progetto svizzero che riunisce 35 scienziati di tutto il mondo e punta a scoprire il funzionamento del cervello, ci siamo più vicini. Quantomeno a replicare la struttura in cui quella coscenza vive: il cervello.

«Non è impossibile costruire un cervello umano e pensiamo di poterlo fare in 10 anni», ha annunciato trionfalmente Markan ai suoi colleghi ricercatori, durante la conferenza TED (Technology Entertainment Design) di Oxford. «Un cervello umano simulato potrebbe essere indispensabile per la comprensione e la cura delle malattie mentali», ha aggiunto. A infondere cotanto ottimismo, una prima replicazione di parte del cervello di un ratto, svolta con successo.

Da una sezione della corteccia cerebrale di un topo, i ricercatori hanno registrato e schematizzato l’attività elettrica e chimica. Per fare ciò, si sono serviti di un elaboratore targato IBM tra i più potenti al mondo.

Se da un lato i risultati ottenuti sono di sicuro interesse – si tratta del primo progetto concreto in tale direzione – l’ottimismo del team sarebbe per alcuni un po’ troppo precoce. Da anni, in fondo, si annuncia come imminente la replicazione del cervello umano, ma poi più che piccoli e graduali passi in avanti nessuno è mai riuscito a compiere.

Secondo il professore, «il processo richiede enormi risorse tecniche e consulenze scientifiche». Solo «per replicare ogni singolo neurone, c’è bisogno di un intero computer». Per mappare ciascuna funzione cerebrale, perciò, sarebbero necessarie decine di migliaia di apparecchi.

Date queste precisazioni, l’annuncio trionfale potrebbe quindi risolversi in una legittima quanto astuta strategia di “marketing scientifico” per ottenere finanziatori. Un progetto ambizioso, infatti, ha costi altrettanto abiziosi e difficilmente sostenibili senza il contributo di imprese e pubbliche amministrazioni (attualmente i fondi provengono prevalentemente dal governo svizzero).

Gli scienziati del Blue Brain Project, attivo dal 2005 presso l’Ecole Polytechnique Federale di Losanna, stanno infatti lavorando a un supercomputer capace di coordinare tra loro i singoli “neuroni” replicati. «Nonostante ogni neurone sia unico, abbiamo identificato dei circuiti neurologici comuni nei cervelli della stessa specie: il nostro lavoro parte da qui», ha concluso Markram.

Come dire: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E qualche milione di dollari.

LS

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