Svizzeri e web: un rapporto complicato
BASILEA – La crisi di vocazione ingegneristica colpisce tutto l’Occidente. Ma è l’Europa ad essere la più in difficoltà, seppellita a colpi di radici quadrate e ipotenuse dai possenti colossi del sud est asiatico (India e Cina in testa). La Svizzera, in questa particolare classifica al ribasso, si colloca bene: pochi i laureati in materie scientifico-informatiche, e una scarsa competenza diffusa nell’uso dei computer, sopratutto nelle età avanzate. E tutto ciò, ironicamente, in uno di quei pochi settori ancora in grado di resistere alla crisi imperversante.
Se la convinzione che il computer sia ormai parte integrante della vita giornaliera è statisticamente piuttosto diffusa, una reale pervasività delle nuove tecnologie è ancora lungi da essere concreta nel nostro paese. Le cause: una scarsa fiducia delle aziende verso la rete (dopo la “bolla” dei primi anni 2000 che portò ingenti perdite nel settore dell’ICT), una generale vecchiaia media della popolazione, una conoscenza non ancora adeguatamente diffusa, una particolare morfologia del territorio che rende difficile la pianificazione di interventi infrastrutturali.
A discolpa della spesso vituperata politica, c’è da dire che a differenza di altri paesi come la vicina Italia, qui la spinta istituzionale verso il settore delle nuove tecnologie c’è: ne è prova maggiore la proclamazione del 2008 come “anno dell’informatica”, con le annesse iniziative, il Politecnico, e gli ingenti investimenti in formazione. Ne sono prova anche le politiche di immigrazione consolidate, che puntano a diminuire l’età media della popolazione. Nessun liceale svizzero, nessun universitario, ormai, è digiuno dal computer e dall’uso del web. Ed è un traguardo importantissimo. Specie se paragonato con la vicina Italia dove la diffusione di internet – dati 2008 Istat – si attesta come nel 2007 a circa il 50% della popolazione (unico paese occidentale a non aver registrato una crescita).
Tuttavia, nella confederazione c’è sì una consapevolezza dell’importanza del computer, ma non tale da convincere gli imprenditori ad occuparsene per lavoro. L’informatica viene percepita come un dato di fatto. Qualcosa che c’è ma non un’opportunità del lavoro. L’esperienza ma sopratutto i dati dimostrano il contrario. I posti vacanti svizzeri nel settore sono da anni svariate centinaia. Una cifra enorme se consideriamo che la mancanza del posto di lavoro continua, dati istituzionali, a preoccupare almeno uno svizzero su dieci.
Manca sopratutto la specializzazione. L’approfondimento. Che pure sarebbero fondamentali anche nei settori della popolazione meno direttamente interessati dalle nuove tecnologie. Perché? Avere nozioni solide sul funzionamento dei motori di ricerca permette di trovare meglio e prima ciò che si sta cercando; di non essere ingannati da fonti false; di sviluppare testi e siti web più facili da inserire nei motori stessi. Conoscere le basi di programmazione, esattamente come saper usare una penna, permette di gestire la nostra comunicazione online; di comunicare liberamente senza censure e con tutto il mondo, quando magari anche solo una mancanza di usabilità del nostro sito potrebbe far perdere metà dei lettori potenziali. Manca l’approfondimento, dunque, ma sopratutto un’adeguata comunicazione alla popolazione che stimoli la voglia di partecipare.
L’anno dell’informatica è stato per la Svizzera una buona occasione per fare dell’innovazione un’asse portante del paese. Non è stata del tutto sfruttata e non è stata un traino, come si sperava. Ma qualche passo in avanti lo abbiamo visto, e la sensibilità istituzionale fortunatamente non manca. Ora sono le persone che devono appassionarsi. E lentamente – forse – sta accadendo. D’altronde il modo migliore per arrivare è andare piano ma non fermarsi. E la Svizzera lo sa. Da più di cinquecento anni.
Luca Spinelli
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