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Fine del segreto bancario, accordo tra Svizzera e Francia

BERNA – Le autorità fiscali svizzere e francesi hanno raggiunto venerdì un accordo sulla cooperazione fiscale bilaterale. Lo ha annunciato il Dipartimento federale delle finanze (DFF) al termine di un incontro tra il presidente della confederazione Hans-Rudolf Merz e il ministro del bilancio francese Eric Woerth a Berna.

La convenzione firmata – tecnicamente “parafata” – non è ancora vincolante. Sarà presentata per parere ai Cantoni e alle banche e, successivamente, sottoposta al Consiglio federale. La prima nuova Convenzione di doppia imposizione approvata dovrà anche essere sottoposta a referendum facoltativo.

Dopo Danimarca, Norvegia e “un altro paese” (che il DFF non vuole citare celandosi dietro un oscuro «rispetto dello stato interessato»), la Francia è il quarto paese con cui le autorità fiscali svizzere raggiungono un accordo sulla cooperazione fiscale.

Dalla nota del dipartimento delle finanze non trapela alcuna informazione sui dettagli tecnici, né sulla profondità dell'”assistenza amministrativa” che i due paesi si assicureranno. Tale convenzione rientra nel programma elvetico di adeguamento agli standard Ocse in merito alla cooperazione fiscale internazionale, che prevede, in stretta sostanza, l’abolizione del segreto bancario.

Dopo fortissime pressioni internazionali il 13 marzo 2009, infatti, il governo elvetico aveva ceduto annunciando di voler ridiscutere la collaborazione internazionale nelle questioni fiscali, riprendendo gli standard dell’Ocse in materia di assistenza amministrativa. Per uscire dalla “lista grigia” dei paradisi fiscali e passare alla “lista bianca” dei paesi cooperativi, Berna deve firmare almeno dodici accordi di doppia imposizione. Entro il prossimo vertice del G20 previsto per settembre «la Svizzera non avrà ancora firmato accordi con dodici paesi per il sovraccarico, ma avremo elementi a sufficienza per assicurarci che rispetterà i suoi impegni», ha precisato Woerth.

Le nuove convenzioni di doppia imposizione, secondo le autorità svizzere, «renderanno possibile lo scambio di informazioni in materia fiscale su singoli casi e a seguito di domanda concreta e motivata», ma in realtà tutto dipende dal testo specifico dei nuovi accordi, su cui ancora nulla si sa.

La discussione col ministro francese  ha inoltre riguardato l’accordo sulla fiscalità del risparmio con l’Unione Europea. Merz ha sottolineato l’intenzione del governo di conservare l’attuale collaborazione e di respingere lo scambio automatico di informazioni. Merz ha tuttavia ribadito la disponibilità della Svizzera a discutere con l’UE un «miglioramento» di tale accordo.

I due hanno poi parlato anche di questioni bilaterali e della crisi mondiale. Da Parigi, i ministeri dell’economia e del bilancio si sono rallegrati che l’amministrazione fiscale francese potrà così ottenere dalle autorità svizzere «informazioni anche bancarie senza restrizioni a partire dal 1° gennaio 2010».

L’accordo sarà firmato a livello ministeriale dopo l’estate, ha precisato il ministero dell’economia. «Per noi è qualcosa di spettacolare […]. Siamo andati [in Svizzera] senza sapere bene se saremmeo riusciti a metterci d’accordo», ha dichiarato Woerth davanti ai media.

Red. Est.

Segreto bancario, tensioni tra Italia e Svizzera

LUSSEMBURGO – Segreto bancario? Accordi di doppia imposizione? Per il ministro dell’economia italiana Giulio Tremonti, si deve «rivedere tutto», perché l’attuale stato delle cose «non ci sembra giusto».

È quanto annunciato a Lussemburgo dal governo italiano, che racconta anche dell’invio di una missiva alla Svizzera in cui si chiede di comunicare «se ci sono italiani che usano società schermo collegate ad altre società in paradisi fiscali»’. La lettera risale al 22 maggio scorso ma il ministro dell’economia italiano Giulio Tremonti l’ha annunciata solo ora.

Per Tremonti «è molto semplice»: «i dati in tutta Europa indicano che la direttiva Ue sul risparmio che prevede una ritenuta secca» su chi ha conti esteri coperti da anonimato e segretezza «è aggirata». «Chi ha i soldi fuori non è contento e li mette in società anonime» eludendo la tassazione. «Non ci sembra giusto e vogliamo rivedere tutto» ha concluso il ministro.

E così mentre un’iniziativa popolare chiede di ancorare nella costituzione elvetica i prinicipi del segreto bancario, arriva una nuova stretta internazionale nell’ambito della lotta all’evasione fiscale.

Ma la Svizzera non è il solo obiettivo: presto toccherà anche al Lussemburgo e da lì a seguire, ha riferito il ministro, l’intenzione è infatti quella di inviare «una lettera alla volta».

Probabile, perciò, che a stretto giro verranno contattati anche gli altri stati recentemente sotto pressione come per esempio Austria, Liechtenstein e Principato di Monaco. Possibili anche contatti con paesi reputati più collaborativi come Belgio e San Marino, nonostante le varie aperture di questo periodo.

Secondo il ministro italiano, la questione riguarda strettamente gli accordi bilaterali in vigore, e «quelli che ci sono non vanno bene». «L’Ocse sta lavorando sui paradisi fiscali» e con tutta probabilità «riferirà al G8 finanziario di Lecce».

Ma non è tutto, il governo italiano è anche convinto che la Banca europea per gli investimenti non debba più operare nei Paesi che non collaborano da un punto di vista fiscale: su questo punto «la Germania e la Francia sono molto decise. E anche l’Italia», ha concluso Tremonti.

Intanto, solo pochi minuti fa il governo di Berna ha risposto annunciando il raggiungimento di un accordo con la Norvegia per un nuovo trattato bilaterale di doppia imposizione. Come nel caso dell’accordo con la Danimarca di alcuni giorni fa, prima dell’entrata in vigore sarà comunque necessaria una valutazione, una ratifica e l’approvazione delle camere.

Luca Spinelli

Segreto bancario, colloqui con USA ed Europa per deciderne la fine

BRUXELLES/BERNA – L’accordo fra Svizzera e Unione europea del 2004 sulla frode fiscale deve essere rinegoziato. Questa l’opinione del commissario UE alla fiscalità Lázló Kovács, che nei prossimi mesi intende chiedere un mandato in questo senso al Consiglio dei ministri europei. L’annuncio di Kovács va a scontrarsi frontalmente con la strategia del Consiglio federale in materia di allentamento del segreto bancario, e giunge proprio nel giorno in cui a Berna sono state avviate le discussioni con gli Usa per siglare il nuovo accordo di doppia imposizione.

Secondo Kovács è molto meglio puntare a un solo trattato fra Berna eBruxelles, piuttosto che a 27 accordi bilaterali con ciascuno degli stati membri. L’orientamento di Bruxelles si scontra però con la strategia scelta dal Consiglio federale: in un’intervista pubblicata domenica dal “SonntagsZeitung” il ministro Micheline Calmy-Rey ha affermato che la Svizzera non ha «nessuna ragione» per rinegoziare l’accordo in questione. «Il Consiglio federale ha deciso di applicare le nuove regole in materia di assistenza amministrativa nel quadro di accordi di doppia imposizione negoziati di volta in volta con ognuno dei paesi partner», ha spiegato Calmy-Rey, aggiungendo di dubitare che la Commissione europea possa riuscire a convincere tutti i 27 stati membri in una decisione comune (le decisioni in ambito fiscale devono essere prese all’unanimità).

Interpellato al riguardo, Kovács non ha voluto rispondere direttamente alle parole di Calmy-Rey. Ha però assicurato che non intende fare la guerra alla Svizzera: l’obiettivo è l’applicazione a livello internazionale dei principi della trasparenza e del buon governo in materia fiscale.

Intanto oggi a Berna le delegazioni di Svizzera e Stati Uniti hanno avviato i negoziati sulla revisione dell’accordo di doppia imposizione fra i due paesi. Al centro delle discussioni vi sono le condizioni necessarie per concedere l’assistenza amministrativa in materia di lotta all’evasione. Di regola oggi alle autorità tributarie estere vengono fornite informazioni solo in caso di frode fiscale (falsificazione deliberata di documenti per non pagare le imposte), non invece se si è di fronte all’evasione semplice (errore o “dimenticanza” nel pagare le imposte): un distinguo radicato nella prassi elvetica, ma scarsamente compreso all’estero e che la Confederazione rischia di dover abbandonare sotto la pressione internazionale.

Quattordici stati hanno nel frattempo fatto saper di voler trattare nuovi accordi di doppia imposizione. L’accordo con gli Usa non è il primo avviato – i negoziati sono già partiti con Giappone e Polonia – ma è di importanza essenziale, tenendo conto del peso economico di Washington e della sua importanza politica, anche in relazione al difficile caso UBS. Le discussioni potrebbero proseguire per tutta la settimana.

Red. Int.
(fonte ats)