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Svizzera, esportazione armi + 18%

BERNA – Secondo un comunicato odierno del SECO per i controlli dell’esportazione, tra gennaio e marzo 2009 la Svizzera ha esportato materiale bellico in 54 differenti nazioni, per un movimento economico totale di 136,9 milioni di franchi (pari a quasi 100 milioni di euro). L’aumento segnato rispetto al 1° trimestre 2008 è del 18%.

In testa alla lista degli acquirenti ci sono Germania, con forniture per un valore di 25,4 milioni di franchi, Danimarca (22,8 milioni di franchi) e Belgio (15,6 milioni di franchi), seguite da Bahrein, USA e Gran Bretagna. L’intera lista è disponibile online, con un preciso documento di raffronto tra il primi trimestri 2008 e 2009 e un archivio dal 2000 (con dati che risalgono ai primi anni ’80)

Interessanti i dati riguardanti il commercio tra la Svizzera, l’Italia e gli Stati Uniti, quasi raddoppiati rispetto al trimestre dell’anno precedente. Entrambi i paesi hanno avuto in quel periodo un cambio di governo – maggio 2008 l’Italia, gennaio 2009 gli USA – che sembra aver influito positivamente sul commercio di armi con la confederazione.

Triplicati gli acquisti dall’Arabia Saudita, quasi sette volte superiori quelli da Singapore, dieci volte superiori gli acquisti dall’Estonia. Intanto la SECO annuncia oggi di aver approvato l’esportazione di 25 aerei militari PC-21 verso gli Emirati Arabi Uniti, in sostituzione della flotta di PC-7 fornita negli anni ’90 dalla Svizzera.

In un periodo di crisi economica, finanziaria e occupazionale, la corsa al riarmo sembrerebbe quindi una priorità politica generale. I dati locali elvetici, infatti, vanno a sommarsi a quelli provenienti da numerosi scenari internazionali che segnerebbero un generale aumento dei commerci bellici.

A partire dall`inizio del 2009 i dati trimestrali delle esportazioni di materiale bellico svizzero non sono più pubblicati dall’Amministrazione federale delle dogane ma dalla SECO. La statistica dettagliata delle esportazioni secondo la categoria di materiale bellico e secondo il Paese di destinazione sarà come sempre pubblicata in occasione della presentazione dei dati annuali.

Nei prossimi mesi, intanto, i cittadini svizzeri saranno chiamati a votare l’introduzione di una norma costituzionale che vieti la vendita di materiale bellico. L’iniziativa, lanciata dal Gruppo per una Svizzera senza Esercito (GSsE) e sostenuta da più di 35 organizzazioni e partiti, fra cui i socialisti e i Verdi, ha ottenuto nei mesi scorsi il numero di firme necessario, e passerà quindi al vaglio della popolazione. Ulteriori informazioni sulla proposta popolare sono pubblicate sul sito dell’iniziativa materialebellico.ch.

Luca Spinelli

Segreto bancario, è pace tra Germania e Svizzera

BERLINO – Voltare pagina. Questo l’impegno assunto oggi a Berlino dal ministro degli esteri tedesco Steinmeier e svizzera Calmy-Rey. Poca concretezza ma molta diplomazia. Dopo le fortissime tensioni dei giorni scorsi, che avevano portato le istituzioni svizzere a parlare di esclation di razzismo contro i tedeschi, alla vigilia del vertice del G20 di domani i due paesi annunciano di voler consolidare gli stretti rapporti bilaterali.

Steinmeier ha dichiarato che la decisione della Svizzera di allinearsi agli standard dell’OCSE in merito alla cooperazione fiscale è “un importante segnale politico”, ma adesso è necessario passare velocemente dalle parole ai fatti. Dal canto suo, la Calmy-Rey ha ricordato la serietà della confederazione e la celerità nell’applicare ciò che dichiara, “siamo un paese cooperativo e in quanto tale non meritiamo di finire su nessuna lista nera”, ha puntualizzato.

Al contrario di Francia e Italia, nelle ultime settimane la Germania si era finora mostrata poco cooperativa con la Svizzera e aveva chiesto ulteriori concessioni. A incrinare le relazioni tra i due paesi in particolare le dichiarazioni del ministro delle finanze tedesco Peer Steinbrück, che ha criticato a più riprese e duramente il sistema fiscale elvetico. Svizzera e Germania sono partner “e tra partner ci si tratta con rispetto”, ha precisato oggi la Calmy-Rey, in riferimento alle parole di Steinbrück.

Il 13 marzo scorzo il Consiglio federale aveva annunciato l’adeguamento della Svizzera agli standard internazionali, per non finire su una lista nera dei paradisi fiscali. In particolare sopprimendo la distinzione tra evasione e frode fiscale per i cittadini stranieri. Ciò rende ora necessaria la rinegoziazione di oltre 70 accordi bilaterali, a cominciare da quelli con Stati Uniti e Giappone che ne hanno fatto richiesta. Anche l’accordo tra Berna e Berlino dovrà essere modificato “al più presto”, ha detto Steinmeier. La Germania non ha tuttavia ancora inoltrato la propria richiesta, ha precisato la Calmy-Rey.

Domani, al vertice del G20, si incontreranno a Londra i capi di Stato e di governo dei principali paesi del mondo, a cui la Svizzera non è stata invitata. Obiettivo dell’incontro: trovare rimedio alla crisi economica e promuovere una riforma del sistema finanziario. In agenda anche il tema dei paradisi fiscali.

Intanto, alla vigilia del G20, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha domandato al premier britannico Gordon Brown di mantenere “un atteggiamento molto rigido sui paradisi fiscali”.

Il segretario generale dell’OCSE Angel Gurria ha dal canto suo dichiarato al quotidiano economico tedesco Handelsblatt che auspica “una lotta determinata contro i paradisi fiscali” e che le dichiarazioni di cooperazione di paesi come la Svizzera “non devono essere prese per oro colato”.

Red. Int.

Banchieri svizzeri a rischio d’arresto: bloccate le trasferte estere

GINEVRA – I banchieri svizzeri avrebbero ricevuto dai vertici aziendali la direttiva di limitare i viaggi all’estero, in particolare in Francia e Germania, i due paesi che più di altri stanno sostenendo una campagna contro il segreto bancario.

Secondo alcune testimonianze raccolte dal quotidiano elvetico Le Temps, “gli associati non dovranno più lasciare la Svizzera al fine di non correre il rischio di essere arrestati e costituire un precedente” alla vigilia del vertice del G20 di Londra.

I banchieri svizzeri sono stati invitati a evitare “in particolare di recarsi in Francia e in Germania”, ha spiegato una fonte citata dal quotidiano, sottolineando che “non dovranno più lasciare Ginevra”. “Non tutte le banche sono così radicali ma la tendenza è alle restrizioni”, ha sottolineato Le Temps, che riporta la testimonianza del direttore di un ‘fondo’: “Quando esco dal paese, non porto nessuna documentazione, neppure i miei biglietti da visita. Occorre essere discreti quanto più è possibile”.

Da parte sua l’Associazione dei banchieri svizzeri, che raccoglie 330 istituzioni presenti nella Confederazione, ha fatto sapere oggi di non aver dato alcuna istruzione in questo senso. Il G20 dovrà affrontare giovedì una revisione delle finanze internazionali che comprenderà, con ogni probabilità, una serie di iniziative per la lotta contro i paradisi fiscali. In quella occasione potrebbe essere resa pubblica una lista di paesi che non restii a collaborare in materia di tassazione.

Nel timore di vedere il proprio nome su quella lista, la Svizzera, il Liechtenstein, il Belgio e il Lussemburgo hanno aperto una breccia sul loro consueto segreto bancario, accettando a metà marzo di conformarsi agli standard dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) che prevede in particolare lo scambio di informazioni in caso di evasione fiscale.

Red. Int.

Allarme xenofobia in Svizzera

BERNA – Allarme xenofobia in Svizzera? Almeno così temono le istituzioni, stando al comunicato reso pubblico oggi dalla CFR (commissione federale per il razzismo) in cui si parla di esclation e si invita la popolazione a normalizzare i rapporti con la Germania dopo le tensioni degli ultimi giorni.

A metà marzo, il ministro degli esteri tedesco Peer Steinbrück aveva paragonato le relazioni tra la Confederazione e l’Unione europea a quelle tra gli «indiani» e la «cavalleria», esprimendo anche feroci dubbi sulle reali intenzioni elvetiche di allinearsi con gli standard internazionali sulla cooperazione in materia fiscale. Secondo Steinbrück, sarebbe bastato far credere alla Svizzera d’essere su una fantomatica “lista nera” dei paradisi fiscali, per farla spaventare e correre ai ripari.

Le dure prese di posizione del governo tedesco, e il reiterarsi delle affermazioni, avrebbe causato in questi giorni una recrudescenza nei rapporti tra le popolazioni. «Nell’attuale situazione di crisi – precisano le istituzioni elvetiche – i conflitti per la difesa degli interessi si inaspriscono e il tedesco è spesso percepito come un concorrente indesiderato.» «Questa situazione si ripercuote negativamente anche nella vita quotidiana (sul posto di lavoro, nel luogo di domicilio, davanti alla cassa nei negozi, sui mezzi di trasporto pubblici, nei ristoranti)», «ferendo le persone» e «incrinando la convivenza pacifica».

In sostanza, «la CFR constata con preoccupazione un astio crescente nelle relazioni tra Germania e Svizzera.»

La stessa carta stampata avrebbe fatto da «cassa di risonanza per la diffusione senza alcun ritegno di stereotipi negativi sull'”odioso tedesco”», pubblicando «titoli quali “Arrivano i tedeschi” o “Quanti tedeschi può sopportare la Svizzera?”. Le istituzioni temono perciò la nascita di una nuova «questione tedesca», precisando che «alla luce dell’escalation degli ultimi giorni occorre ribadire che i tedeschi delle attuali generazioni hanno il diritto a non essere associati con il nazismo.»

La dura presa di posizione delle istituzioni elvetiche, secondo le quali è a rischio «la convivenza pacifica», si allinea in modo preoccupante con quanto espresso a fine febbraio dall’autorevole bollettino economico LEAP, ripreso dal quotidiano francese Le Monde (traduzione).

Secondo gli studiosi francesi, tra i pochi analisti in grado di prevedere la crisi mondiale già alcuni anni fa, le crescenti tensioni internazionali potrebbero essere il concreto prodromo di una guerra civile europea, esattamente come avvenuto storicamente a seguito di ogni precedente crisi economica.

Intanto, il prossimo primo d’aprile è prevsito un vertice a Berlino tra la ministra degli esteri elvetica Calmy-Rey e le istituzioni tedesche per discutere della cooperazione e delle tensioni in corso.

Red. Int.

“Per allentare il segreto bancario ci vorranno anni.”

BERNA – Il presidente del consiglio e ministro delle finanze Hans Rudolf Merz, dopo le forti pressioni di questi giorni, conferma l’intenzione di allentare il segreto bancario ma parla della possibilità che siano necessari «anni» per la messa in pratica delle nuove leggi.

Il segreto bancario, infatti, è fortemente radicato nel sistema e nel diritto elvetico, e sarà necessario rinegoziare più di 70 trattati internazionali per dare il via libera concreto alla cooperazione in materia fiscale. L’annuncio dell’apertura era stato dato venerdì scorso, a seguito dell’inserimento della Svizzera in una lista provvisoria dei paradisi fiscali, e aveva suscitato scalpore in tutto il mondo finanziario.

Tuttavia, secondo le dichiarazioni del governo elvetico, la nuova normativa non sarà retroattiva e con tutta probabilità sarà preceduta da un’amnistia per gli illeciti commessi fino al giorno della sua entrata in vigore. Inoltre, la cooperazione internazionale sarà attivata solo per i cittadini stranieri con conti in Svizzera su cui le autorità estere hanno fondati sospetti: per i cittadini svizzeri non cambierà nulla.

Dopo aver compiuto un importante passo verso il depotenziamento del segreto bancario, quindi, la Svizzera si tutela dalle ripercussioni finanziarie immediate della decisione: «rinegoziare» una settantina di accodi bilaterali «non sarà così rapido» secondo il ministro Merz, e il parlamento svizzero dovrà ratificarli uno per uno. Parole importanti per la piazza finanziaria elvetica, tenendo conto che se tutti i clienti domiciliati all’estero abbandonassero la svizzera, la piazza finanziaria sarebbe privata di 14,5 miliardi di franchi (9,5 miliardi di euro): circa un terzo del valore realizzato dalle banche, infatti, è generato dalla clientela estera, lo afferma oggi il consigliere federale Lukas Reimann (UDC/SG).

La controversia sul segreto bancario, intanto, continua a creare attriti tra Svizzera e Germania dopo che il ministro delle finanze tedesco Peer Steinbrueck ha paragonato gli elvetici agli «indiani» d’America a cui è bastato credere d’essere sulla lista nera dell’Ocse («la cavalleria») perché si spaventassero e arretrassero sul segreto bancario. Lo stesso Steinbrueck ha ribadito ieri i propri dubbi sulla reale disponibilità svizzera ed austriaca di lottare contro l’evasione fiscale.

Affermazioni che per il ministro degli esteri Calmy-Rey sono «inaccettabili e sprezzanti», e che l’ambasciatore tedesco in Svizzera Axel Berg sarà chiamato a spiegare al più presto.

Luca Spinelli