La Svizzera è fuori dalla lista dei paradisi fiscali
BERNA – Secondo un portavoce dell’Ocse, l’organizzazione sta attendendo che «la Svizzera abbia firmato l’ultimo accordo, il dodicesimo, entro la fine della settimana: se ci sarà la firma, uscirà dalla lista grigia».
La firma è cosa fatta, poichè si tratta di un passo già deciso: tutti i precedenti nuovi accordi sono infatti stati redatti e firmati senza alcuna difficoltà. Venerdì prossimo arriverà pertanto il comunicato ufficiale.
Il traguardo, prima di tutto di immagine più che di contenuti, giunge dopo che Berna ha rivisto dodici convenzioni di doppia imposizione (CDI), così come richiesto dall’Ocse. La lista Ocse sui paradisi fiscali, suddivisa in “white list”, “grey list” e “black list” (attualmente vuota), ha più che altro potere detrattivo: le piazze finanziare che vi figurano infatti ottengono verso gli investitori un’immagine di poca o molta affidabilità, e subiscono più facilmente la pressione politica dei gruppi di potere.
Uscirne, perciò, rappresenta un importante passo verso un immagine di stabilità finanziaria e trasparenza della piazza elvetica. Nel pomeriggio di oggi Berna firmerà il nuovo accordo con gli Usa e domani quello con il Qatar.
Il 13 marzo scorso, il governo elvetico aveva ceduto alle pressioni internazionali annunciando di volersi adeguare agli standard dell’Ocse in fatto di scambio di informazioni fiscali. Secondo il ministro delle finanze tedesco, proprio l’inserimento nella lista dei paradisi fiscali era stato usato come arma di “intimidazione” per indurre le autorità svizzere a cedere.
Da allora la Svizzera ha firmato nuove CDI con Austria, Danimarca, Francia, Finlandia, Gran Bretagna, Lussemburgo, Norvegia, Messico e Isole Far Oer. E ha inoltre intavolato discussioni con svariati altri paesi europei ed extraeuropei. Il dodicesimo accordo sarà quello con la Spagna.
Nonostante gli annunci mediatici, è fondamentale chiarire che tutti gli accordi firmati non hanno ancora alcuna validità formale. Prima di ciò è infatti necessaria l’approvazione del parlamento e, soprattutto, il superamento di un referendum confermativo, come previsto dalla prassi legislativa elvetica.
I nuovi accordi sanciscono, tuttavia, una svolta storica: la fine del segreto bancario. La Svizzera, infatti, potrà consegnare dati di correntisti stranieri alle autorità estere anche in caso di semplice sospetto di evasione fiscale.
Fino ad oggi, invece, per ottenere dati bancari dalla Svizzera erano necessarie prove di una concreta frode fiscale con falsificazione di documenti.
Red. Int.
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