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Un motore di ricerca per soli musulmani, ma non funziona
BEIRUT – Nasce in medioriente il primo motore di ricerca per musulmani devoti. Il suo nome è ImHalal, ovvero “I am Halal”, traducibile in qualcosa come “io sono religiosamente corretto”, e promette d’essere stato realizzato rispettando i dettami dell’Islam più severo.
Figlio della compagnia olandese Azs Media Group, è raggiungibile all’indirizzo imhalal.com. Secondo gli sviluppatori permetterebbe di navigare sul Web senza vedersi proporre siti con contenuti considerati ”haram”, ovvero fuori da quanto prescritto dalla legge islamica.
Il motore, stando al quotidiano libanese Dalily Star e all’italiano Corriere della Sera, non presenterebbe infatti nei suoi indici siti a contenuto sessuale, escludendo d’imperio parole come “gay” o “sex”, grazie a una graduatoria di “illiceità” indicata da alcune stelline (da 1 a 3, dove 3 indica la scabrosità massima).
Come qualunque studente sa, però, non basta escludere le semplici parole per escludere realmente anche i contenuti scabrosi, ma sono necessari vari altri criteri di prossimità: quante volte capita di imbattersi in contenuti sexy cercando tutt’altro?
Il lancio di Imhalal è successivo a quello, a gennaio in Turchia, di muslumangoogle.com, che sfrutta gli indici di Google censurando le parole non in linea con l’Islam. E a Naqatube, alternativa a YouTube studiata per impedire ai giovani di visionare contenuti “profani”.
Tuttavia, nonostante tanto affanno, cercando le parole incriminate in lingue diverse (come le semplicissime italiane “sesso” o “omosessuale”), i “rigorosi filtri” vengono in un sol colpo scardinati. Presentando tra i primi dieci risultati video che verrebbero chiamati piccanti anche da un disinibitissimo teenager occidentale.
Molto più efficienti sono quindi i semplici e “antichi” filtri di Google. Non se ne sono accorti gli sviluppatori, non se ne sono accorti i giornalisti che hanno analizzato la curiosa “novità”. Forse la censura andrebbe applicata a loro?
Red. Tec.