Tag Archives: banche
Condono fiscale italiano: controlli a tappeto alla dogana
MILANO – Il buon vicinato sembra essere sempre meno un valore caro al governo italiano. Dall’inizio del condono fiscale, le autorità del bel paese hanno infatti intensificato i controlli al confine con la Svizzera, finora effettuati soltanto a Ponte Chiasso, e da oggi estesi a tutti i valichi verso il Ticino, anche a quelli più piccoli.
Sebbene la Svizzera sia ufficialmente uscita dalla lista grigia dei paradisi fiscali, il governo italiano sembra ancora non guardarla di buon occhio, valutando chiunque vi si rechi come un potenziale evasore. Dal cantone si sono ovviamente già levate varie voci di critica, che definiscono i controlli alle frontiere un’intimidazione incompatibile con il rispetto della privacy.
Oltre ai canonici controlli col personale della guardia di finanza, infatti, sono state installate alcune telecamere a raggi infrarossi che giorno e notte registrano e archiviano tutte le targhe degli italiani che si recano in Svizzera. Un computer centralizzato analizza poi i dati, facendo scattare l’allarme nei casi sospetti (per es: essere pregiudicati oppure viaggiare su un auto di alta cilindrata intestata a sé pur non dichiarando annualmente il denaro necessario per possederla).
Per non violare le leggi sulla riservatezza, secondo le autorità italiane i dati vengono cancellati dopo 15 giorni. La presenza delle telecamere è inoltre segnalata da appositi cartelli. Come dire: “se porprio vuoi passare sai a cosa vai incontro”. Tale politica ha perciò infastidito anche vari operatori turistici.
L’intensificazione dei controlli al confine italo-svizzero coincide con l’avvio dello “scudo fiscale” del governo Berlusconi. Lo scudo, a tutti gli effetti un condono, permette a chi ha nascosto denaro all’estero di riportarlo in Italia pagando una multa del 5%. Secondo alcuni esperti circa 40 miliardi di franchi potrebbero lasciare le banche ticinesi per fare rotta verso le filiali italiane. Almeno il 50% di tale cifra, secondo le stime, rientrerebbe perciò dalle filiali estere.
Red. Est.
Giustizia elvetica: «Ubs deve fare i nomi dei sospettati di frode»
LUGANO – Se è vero che il cliente degli istituti di credito svizzero non può più fruire del segreto bancario, da oggi le banche non possono tenere all’oscuro i clienti di indagini sul proprio conto.
Questa la decisione del pretore di Lugano Francesco Trezzini, presa in seguito alla richiesta di un avvocato elvetico di due clienti statunitensi di Ubs con conti a Lugano. La decisione, secondo l’avvocato, ha valenza generale per tutti i clienti.
In sostanza, l’istituto di credito ha l’obbligo di informare i propri clienti americani che potrebbero figurare sulla lista redatta dalle autorità fiscali americane contenente 4450 nominativi di presunti frodatori.
Intervistato dalla Radio svizzera italiana, l’avvocato dei due clienti ha chiarito che la banca deve informare immediatamente quei clienti il cui nome è già stato trasmesso alle autorità fiscali americane in marzo. Deve inoltre spiegare ai clienti se e in base a quali criteri il loro nome figura nella lista in preparazione.
Interpellata a tal proposito, l’Ubs ha già affermato con un comunicato ufficiale che intende rispettare la decisione del pretore.
L’Ubs ha precisato di stare esaminando quelle transazioni che rientrano nella definizione di “tax fraud or the like” (frode bancaria e simili) stabilita poche settimane fa da Usa e Svizzera. I clienti i cui movimenti rientreranno in tale definizione, saranno prontamente informati. Quest’analisi durerà ancora alcuni mesi.
In ogni caso, conclude Ubs, spetterà poi all’Amministrazione federale o al Tribunale amministrativo decidere se trasmettere o meno alle autorità fiscali americane i dati raccolti.
Red. Int.
Italia: al via il condono fiscale
ROMA – Da martedì 15 settembre parte in Italia il cosiddetto “scudo fiscale”, ovvero la possibilità di rimpatriare anonimamente i capitali (ma anche immobili, yacht, autovetture…) detenuti illegalmente all’estero pagando una penale contenuta: circa il 5% sul valore che potrebbe scendere fino all’1% dimostrando una condotta illecita poco protratta nel tempo.
Lo scopo di questo condono – sebbene la parola “condono” poco piaccia all’esecutivo che lo propone – è quello di far ritornare in patria denaro per rafforzare la liquidità italiana.
Si tratta della terza volta in pochi anni che in Italia si procede ad un condono di tal genere: la prima aveva avuto risultati discreti, mentre la seconda – sempre promulgata da un governo Berlusconi – era stata un sostanziale flop.
La propria detenzione illegale di valori si potrà regolarizzare da martedì 15 settembre fino al 15 aprile 2010. In contemporanea l’Agenzia delle Entrate sta mettendo in piedi una task force per contrastare paradisi fiscali ed evasori. La misura sarà l’ultima occasione per rimpatriare senza rischi i capitali illegali detenuti dall’estero. Almeno fino al prossimo condono.
Col “decreto anticrisi” dello scorso luglio si sono infatti inasprite le norme contro chi detiene illecitamente capitali all’estero. È stato introdotto, per esempio, il ribaltamento dell’onere della prova, una norma al limite della costituzionalità sulla quale il condono fa perno per spaventare gli evasori.
In sostanza chi viene scoperto con capitali all’estero dovrà dimostrare che siano stati esportati in modo corretto e che non siano frutto di evasione. Non sarà più, quindi, la pubblica amministrazione a dover dimostrare la colpevolezza, ma il contribuente a dover dimostrare la propria innocenza, ribaltando una delle disposizioni alla base dello stato di diritto: non si è più innocenti fino a prova contraria, ma colpevoli fino a prova contraria.
Non solo, secondo la circolare dell’agenzia delle entrate, le cifre detenute illegalmente in Svizzera, Montecarlo, Liechtenstein e San Marino potranno essere sanate esclusivamente attraverso il rimpatrio. Per essi non è permessa la semplice regolarizzazione.
L’opposizione italiana ha definito lo scudo fiscale “un condono a prezzi di saldo”, criticandone severamente le basi e la struttura. Le banche elvetiche, invece, hanno da tempo dichiarato di non temere grandi fughe di capitali.
Secondo il ministro dell’economia Giulio Tremonti l’intera operazione potrebbe consentire il rimpatrio di circa 200 miliardi di euro. La stessa Agenzia delle Entrate è concorde: per il direttore Attilio Befera il condono è «un’opportunità per regolarizzare: chi non lo fa sa che troverà pane per i suoi denti».
Luca Spinelli
La crisi del segreto bancario svizzero
BERNA – La diplomazia elvetica corre. E corre veloce. Più della crisi. Senza dubbio.
Se solo un paio di mesi fa il Presidente della confederazione Merz annunciava l’intenzione di abolire il segreto bancario per come fino ad ora conosciuto, oggi già tredici nuovi accordi per l’assistenza amministrativa sono stati stipulati con altrettanti stati.
Ma non è tutto: i primi sei sono addirittura già stati approvati dal governo. E i restanti seguiranno a breve. Lo annuncia una nota odierna di Berna, secondo cui il Consiglio federale ha autorizzato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e il Dipartimento federale delle finanze (DFF) a controfirmarli.
Nel prossimo novembre il dicastero delle finanze trasmetterà un messaggio alle Camere. In tale occasione il Parlamento deciderà anche se confermare o meno la prassi storica di sottoporre il primo degli accordi a un referndum popolare confermativo.
Le nuove convenzioni a cui è stato dato il via libera sono quelle con Danimarca, Lussemburgo, Norvegia, Francia, Messico e Gran Bretagna. Dopo la firma delle convenzioni da parte di ciascuno stato contraente, i testi degli accordi verranno finalmente resi pubblici.
L’odierna nota di Berna parla anche, con più franchezza e meno barcamenaggio delle ultime settimane, di un «ampliamento dell’assistenza amministrativa nelle questioni fiscali», mentre in un messaggio di qualche tempo fa specificava inoltre l’aggiunta di una «clausola per l’arbitrato», che permetterà di trattare caso per caso, senza mai attuare uno scambio automatico di informazioni tra stati in materia fiscale.
Tutto dipenderà dalla futura pratica, comunque, al di là degli annunci rassicuranti.
Tuttavia questa vicenda dimostra un fatto. Se c’è bisogno di celerità, celerità è. C’è da supporre che con una tale efficienza e la storica accortezza svizzera, anche se i nuovi accordi spaventeranno una certa fascia di utenza, quella finanziariamente più potente ne resterà poco colpita, lasciando la piazza sostanzialmente indenne.
Tutto dipenderà comunque dalla concretezza dei testi – ancora confidenziali – ma la diplomazia elvetica, dopo un serio vacillamento iniziale che l’aveva fatta cedere alle pressioni internazionali, sembra uscire infine dalla vicenda a testa alta e rafforzata. Con un po’ di astuzia e molti compromessi.
Al di là delle analisi un fatto è certo: prima di oggi l’assistenza amministrativa era assicurata dalla Svizzera – e con nota ritrosia – solo in caso di evidente frode fiscale. Ora sarà data anche in caso di semplice elusione (semplificando, frode è la falsificazione volontaria di atti, elusione o evasione sono il semplice non pagare quanto dovuto). Questo è un fatto storico, che nessun comunicato diplomatico potrà mai negare. E che, chcché ne dicano in tanti, modifica radicalmente il significato storico di “segreto bancario”.
Così mentre l’attenzione mediatica e popolare è fagocitata dal caso che vede opposto il fisco Usa e l’istituto elvetico Ubs, decisioni diplomaticamente e storicamente molto più rilevanti passano quasi inosservate al grande pubblico. Ma non si può negare che anche e proprio nel caso Ubs la diplomazia elvetica abbia dato prova di acume e autorevolezza.
La richiesta del fisco Usa pretendeva più di 50 000 nominativi di correntisti Ubs sospettati di evasione fiscale: ne giungeranno a Washington meno del 10%. Solo quelli che per la Svizzera possono rientrare nella definizione di “frode fiscale”. Con calma. Con le modalità decise dalla Svizzera. Secondo l’attuale legge svizzera. Tutti contenti.
Purché si tralasci qualche innocente forzatura sulla definizione di “frode fiscale”, sulla quale lo stesso governo elvetico acutamente glissa.
C’est la diplomatie, baby.
Luca Spinelli
Il condono italiano non preoccupa le banche
LUGANO – I banchieri della svizzera italiana non sono troppo preoccupati per la probabile approvazione in Italia del terzo scudo fiscale di un governo Berlusconi – dopo quelli del 2001 e del 2003 – con cui Roma potrebbe recuperare miliardi di euro depositati in paradisi fiscali.
Quello che il noto fiscalista italiano Tommaso Di Tanno ha definito “un condono a beneficio dei ricchi”, per il presidente dell’Associazione bancaria ticinese (ABT) Claudio Generali, intervistato dall’Ats, è una misura attesa da tempo.
Qualche timore c’è, ma le questioni sono ancora troppe per prevedere con certezza l’entità delle ripercussioni della normativa sulla piazza finanziaria svizzera. Il provvedimento deve essere inoltre ancora esaminato dal parlamento e i deputati potrebbero decidere ancora modifiche sostanziali.
I precedenti due condoni del 2001 e 2003, stando a fonti italiane, permisero all’Italia di recuperare circa 90 miliardi di euro. Secondo Generali, con il primo le autorità italiane ottennero un discreto successo; il secondo, invece, fu un palese insuccesso. Dal Ticino complessivamente fuoriuscirono 25-30 miliardi di euro. Tra il 50 e il 60% di questi patrimoni, tuttavia, finirono nuovamente nelle banche svizzere tramite le proprie filiali italiane.
Secondo Claudio Generali, poiché la terza amnistia dovrebbe entrare in vigore solo in autunno, c’è anche tempo a sufficienza per elaborare una strategia.
Red. Tec.
(fonte Ats)