Ocse: la Svizzera non è più un paradiso fiscale

BERNA – È ufficiale. La Svizzera non è più un paradiso fiscale e non potrà subire sanzioni da parte del prossimo G20 a Pittsburgh. La conferma è arrivata oggi con la pubblicazione da parte dell’Ocse della nuova lista dei paradisi fiscali: la Svizzera ne è fuori. La settimana scorsa anche il Principato di Monaco e l’Austria erano riusciti a uscirne.

Il traguardo, prima di tutto di immagine più che di sostanza, giunge dopo che Berna ha rivisto dodici convenzioni di doppia imposizione (CDI), così come richiesto dall’Ocse. Gli accordi sono stati firmati coi principali partner commerciali eccetto l’Itaila, il cui governo ha per questa ragione subito pesanti critiche da parte dell’opposizione di sinistra.

La lista Ocse dei paradisi fiscali, suddivisa in “white list”, “grey list” (poco frequentata) e “black list” (attualmente vuota), ha più che altro un forte potere simbolico: le piazze finanziare che vi figurano, infatti, ottengono verso gli investitori un’immagine che varia a seconda della collocazione da poco affidabili a molto affidabili, e possono subire più o meno facilmente la pressione politica dei gruppi internazionali.

Uscirne, perciò, rappresenta un importante passo verso un’immagine di stabilità finanziaria e trasparenza della piazza elvetica. Negli ultimi due giorni Berna ha raggiunto un accordo con gli Usa, uno con il Qatar e uno con la Spagna.

Il 13 marzo scorso, il governo elvetico aveva ceduto alle fortissime pressioni internazionali annunciando di volersi adeguare agli standard dell’Ocse sullo scambio di informazioni fiscali per la lotta all’evasione. Come affermato dal ministro delle finanze tedesco, proprio l’inserimento nella lista dei paradisi fiscali era stato usato come arma di “intimidazione” per indurre le autorità svizzere a cedere e rivedere il segreto bancario.

Da allora la Svizzera ha firmato nuove convenzioni con Austria, Danimarca, Francia, Finlandia, Gran Bretagna, Lussemburgo, Norvegia, Messico, Isole Far Oer, Usa, Qatar e Spagna. E ha inoltre intavolato discussioni con svariati altri paesi europei ed extraeuropei. Il dodicesimo accordo è stato quello con la Spagna.

Nonostante gli annunci mediatici poco chiari, è importante chiarire che tutti gli accordi firmati non hanno ancora alcuna validità effettiva. Prima di ciò, infatti, sarà necessaria l’approvazione del parlamento e, soprattutto, il superamento di un referendum confermativo, come previsto dalla prassi legislativa elvetica.

A conferma di ciò sono già arrivate le parole del segretario generale dell’Ocse Angel Guerria, secondo cui quello compiuto dalla Svizzera è «un passo molto significativo», che merita «congratulazioni». Tuttavia, «firmare un accordo è solo il primo passo, poi bisogna renderlo efficacemente operativo», ha concluso il segretario.

I nuovi accordi sanciscono comunque una svolta storica: la fine del segreto bancario come fino a oggi conosciuto. Checché ne affermino le autorità. La Svizzera, infatti, potrà consegnare dati di correntisti alle autorità estere anche in caso di semplice sospetto di evasione fiscale.

Fino ad oggi, invece, per ottenere dati bancari dalla Svizzera erano necessarie prove di una concreta frode fiscale con falsificazione di documenti.

Red. Int.

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