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La ‘ndrangheta ha sedi operative nel sud della Svizzera
LUGANO – La ‘Ndrangheta calabrese ha sedi operative anche nel sud/sud-est della Svizzera. Ad affermarlo è il nuovo capo della polizia giudiziaria federale Michael Perler, che lancia l’allarme.
Secondo Perler, i cantoni maggiormente colpiti sarebbero quelli confinanti con l’Italia, il Ticino e il Vallese, nei quali le associazioni criminali d’oltralpe trovano più facilmente una sponda per le loro attività.
«La ‘ndrangheta è una delle organizzazioni mafiose italiane più attive in Svizzera» – chiarisce l’alto funzionario in una intervista pubblicata dal settimanale Bilan – l’organizzazione ha «già proceduto a investimenti nei settori della costruzione, dell’immobiliare e della ristorazione». I cantoni più colpiti sono «in particolare Vallese e Ticino».
Perler getta anche un’ombra su alcuni «astronomici» investimenti stranieri previsti nel settore turistico elvetico: la redditività futura di questi progetti appare ad oggi non produttiva ed è quindi molto concreto il rischio che i fondi provengano da attività illecite.
Red. Int.
Corruzione nella pubblica amministrazione, nuova campagna istituzionale
BERNA – A livello mondiale la Svizzera è uno dei Paesi con il più basso tasso di corruzione nel settore pubblico. Ciononostante la sola possibilità che si possa abusare della posizione di potere allo scopo di procurarsi dei vantaggi ha spinto il dipartimento delle finanze a diffondere un breve opuscolo anti-corruzione.
Con un nuovo pieghevole l’Ufficio federale del personale intende sensibilizzare i collaboratori dell’Amministrazione federale e contrastare preventivamente abusi di potere.
Grazie a questa pubblicazione di facile lettura i collaboratori ottengono informazioni concrete sull’accettazione di omaggi, sul loro valore massimo, sull’obbligo di esclusione e su problemi in caso di attività accessorie e sono avvertiti sulle possibili situazioni di conflitto.
Rimandi ad altri documenti e indirizzi indicano ai collaboratori pubblici come muoversi in circostanze delicate. Tali informazioni completano le differenti regolamentazioni già in vigore nelle varie unità amministrative.
Secondo una nota odierna, «l’integrità dell’amministrazione è un elemento fondamentale per il funzionamento dell’apparato statale ». Per questi motivi il Consiglio federale aveva incaricato il Dipartimento federale delle finanze di sensibilizzare il personale federale in ambito di prevenzione della corruzione.
In tal modo esso soddisfa anche le raccomandazioni della Commissione del Consiglio d’Europa GRECO (Groupe d’Etats contre la Corruption).
Red. Int.
Terremoto in Abruzzo: l’ombra di mafia e camorra
L’AQUILA – «La più grande tragedia del millennio». Queste le prime parole usate dalle istituzioni per descrivere il terremoto che ha colpito il centro dell’Abruzzo. Più duecento i morti, duemila i feriti, centomila gli sfollati. Dati impressionanti. Da catastrofe del secolo.
In queste ore, come normale, si fa un gran parlare delle cifre, della possibilità di prevenire eventi simili, della gestione degli aiuti, della prontezza dei soccorsi, e della enorme, profondissima solidarietà italiana che si è sempre ritrovata forte nei momenti di necessità. Italiani, brava gente. Si sa. Italiani, piezz’e core. E se la solidarietà è tanta, tanti saranno i soldi che si riverseranno in Abruzzo nei prossimi mesi. Una valanga. Un fiume. Silenzioso.
Il primo ministro Silvio Berlusconi solo poche ore dopo annunciava lo stanziamento immediato di 30 milioni di euro, in attesa di dirottare cifre più consistenti. Una quarantina di paesi nel mondo offrivano la propria solidarietà economica e di mezzi. Il governo italiano avviava le procedure per richiedere all’unione europea l’accesso al fondo europeo di solidarietà per le catastrofi naturali. Un fondo che dispone di risorse per un miliardo di euro. Una valanga. Un fiume. Silenzioso.
Il giro di denaro intorno a una tragedia di queste dimensioni è immane: equivale al costo di una guerra. Milioni di euro nel breve tempo, miliardi nel lungo termine. Per il terremoto dell’Irpinia del 1980 furono spesi più di 50.000 miliardi di vecchie lire. Ma solo la metà finì realmente nella ricostruzione. Nacquero fabbriche fantasma, quartieri fantasma, interi paesi fantasma. Un tecnico del comune si fece costruire una villetta per le vacanze al posto di un capannone. Alcune strade dell’epoca ancora oggi finiscono nel nulla. Altre provocano 300 incidenti l’anno. C’erano fiumi che oggi non ci sono più. 5000 abitazioni andarono a chi non ne aveva diritto e prefabbricati in amianto a chi lo avrebbe avuto, quel diritto.
Per quel terremoto si continua a pagare ancora oggi. 107 milioni di euro solo nel 2004. Il corrispettivo di 10.000 anni di stipendio per un impiegato con mille euro al mese. Tutti soldi che «andavano ad alimentare questo grosso ceto politico imprenditoriale affaristico e la camorra», secondo Giovanni Russo Spena, membro della commissione istituzionale che si occupò del sisma.
Per il terremoto abruzzese di questa mattina, già lo si capisce, il fiume di denaro avrà ben quattro diversi affluenti: gli stanziamenti statali e regionali, il fondo europeo per le emergenze, le donazioni dei cittadini e delle associazioni, il contributo internazionale in forma di fondi e mezzi. Affluenti con una portata non difficile da quantificare a priori: milioni di euro nel breve tempo, miliardi nel lungo termine. E intanto molte idrovore si stanno già, silenziosamente, collocando alla foce.
Un giro d’affari e un indotto a cui qualsiasi impresa sarebbe interessata. Certamente lo sarà «la prima azienda italiana»: un’impresa da novanta miliardi di fatturato ogni anno, che copre da sola il 7% del Pil italiano: la mafia. Il cui bilancio non è stimato da un visionario complottista ma dalla Confesercenti nel 2007. Di questi miliardi una considerevole fetta gestisce il settore dell’edilizia e immobiliare. Con quel perfetto sistema imprenditorial-criminale, radicato nel territorio e nell’economia di mercato, che la letteratura e Roberto Saviano hanno magistralmente descritto negli ultimi anni.
Una longa mano che opera in Italia, nel mondo e in tutta Europa. Francia, Germania, Inghilterra e Spagna. Edilizia, case, industria. Dal Mediterraneo all’Atlantico, in un area di migliaia di chilometri quadrati. Una multinazionale con sede centrale a Napoli e sedi distaccate ovunque nel mondo. Che ha affondato le unghie in tutte le principali tragedie italiane.
Anche l’abruzzese e la marsica sono territori noti alla mafia. Una zona sulla quale «c’è l’attenzione anche di alcuni esponenti della Camorra e della Sacra Corona Unita», secondo Francesco Forgione, presidente della Commissione parlamentare antimafia nel 2007. Una zona che secondo la Procura distrettuale antimafia dell’Aquila nasconde una parte del tesoro del boss Vito Ciancimino, stimato in 600 milioni di euro. Una zona su cui pesano come macigni i vari e recentissimi arresti per infiltrazione mafiosa. Negli appalti, nelle concessioni edilizie, nella sanità. Proprio ciò che sarà necessario per la ricostruzione.
Fatti che la furia del terremoto ha spazzato via. Ha messo a tacere meglio di qualsiasi direzione antimafia. Fatti che riportano alla mente i flash di quell’ospedale inagibile in piena emergenza, di quella casa dello studente crollata, di quel palazzo della procura distrutto in pieno centro all’Aquila.
Le mafie è dai primi anni novanta che non sono più un fuoco che divampa. Che esplode. Hanno cambiato strategia. Attenderanno il ricadere della polvere sulle macerie. E, come brace, lentamente coveranno sotto la cenere, per poi corrodere pazientemente tutto il legno nuovo che gli verrà buttato sopra.
Nel frattempo, questa notte all’Aquila una donna raccoglie compostamente le macerie della propria casa e guarda il cielo. Napoli dista solo tre ore di auto.
Luca Spinelli