Svizzera, in arrivo il passaporto biometrico: polemiche

BERNA – Il prossimo 17 maggio la popolazione voterà per l’introduzione del nuovo passaporto biometrico elvetico. Un insieme di dati estremamente personali – foto, impronte digitali, date – che ciascuno porterà con sé e che saranno archiviati in una banca dati centrale.

Ed è proprio questa banca centralizzata a sollevare interrogativi, paventando scenari da “Grande fratello” istituzionale.

Secondo il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) il nuovo passaporto sarà praticamente inviolabile. Gli esperti, tuttavia, hanno mostrato varie inceretezze: il nuovo documento non è al riparo da falsificazioni e anche le informazioni che contiene potrebbero essere utilizzate per fini impropri.

Secondo Hanspeter Thür, il Preposto federale alla protezione dei dati, la centralizzazione delle informazioni in un unico registro è una misura abnorme, in queste forme assolutamente non richiesta dagli accordi internazionali. Conservare i dati personali nel microchip del documento stesso sarebbe più che sufficiente, come avviene già nell’Unione europea.

Il Consiglio federale, nel suo opuscolo informativo destinato all’elettore, afferma che i dati centralizzati non potranno essere utilizzati per scopi investigativi, a meno che si presenti la necessità di identificare vittime di incidenti, di atti di violenza o di catastrofi naturali. Ma il fatto stesso che il governo faccia tale precisazione, secondo Thür, suscita dubbi. Vicende venute alla luce all’estero dimostrano che quel tipo di banca dati può essere utilizzata per fini diversi da quelli per cui era stata concepita.

Senza contare che gli archivi centralizzati sono da sempre il bersaglio privilegiato dei pirati informatici. Kurt Haupt, esperto di informatica, non esclude l’eventualità di falle nel sistema di protezione, che darebbe la possibilità a persone non autorizzate di leggere i dati contenuti nel microchip. Inoltre, un recente studio dell’Università e della Scuola politecnica di Losanna, pubblicato nello scorso luglio su mandato del Fondo nazionale svizzero, è perentorio: la tecnologia non è del tutto perfezionata e il passaporto può essere manomesso.

È infatti possibile creare false impronte digitali di silicone, che i falsari – secondo quanto affermano i ricercatori – venderebbero al prezzo di 500 franchi circa. Anche la foto digitalizzata non è esente da problemi: per perturbare il sistema di lettura basterebbe farsi crescere barba o capelli.

Tutti timori infondati, secondo le istituzioni. Il registro centrale è necessario per evitare che qualche malintenzionato si procuri un vero documento sotto falsa identità, afferma il DFGP. È inimmaginabile che il passaporto biometrico possa essere scardinato: il microchip è protetto da un codice, che cambia ogni 15 giorni, al quale hanno accesso solo i paesi che vantano gli stessi standard di sicurezza della Svizzera. Forzarlo, secondo il DFGP, è praticamente impossibile.

Ma tra poche settimane saranno i cittadini a decidere. Secondo un sondaggio commissionato da SRG SSR suisse di alcuni giorni fa, il 47% sarebbe favorevole, il 39% contrario, e un 14% ancora di indeciso.

Red. Int. – Red. Tec. (fonte ats)

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