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Crisi Svizzera – Libia: stop agli aiuti umanitari verso Tripoli

BERNA – La crisi diplomatica tra Svizzera e Libia tocca un ennesimo capitolo. Il dipartimento degli esteri (DFAE) ha annunciato la decisione di non sostenere più i programmi umanitari in Libia. Sebbene le due questioni non siano necessariamente correlate è difficile non leggere un collegamento tra le vicende.

La decisione è stata presa “a causa dell’attuale situazione e nonostante le gravi difficoltà degli emigranti subsahariani in transito sul territorio libico” per raggiungere il mare e quindi le coste europee. Lo ha comunicato il dipartimento stesso all’interno di una risposta scritta a una domanda del deputato Lukas Reinmann.

Nel 2007 il DFAE aveva messo a disposizione della Libia contributi pari a 361’400 franchi. Nel 2008 la somma era passata a 154’100 franchi. Mentre nel 2009 a soli 4’600 franchi. La Confederazione aveva inoltre messo a disposizione dell’organizzazione delle Nazioni Unite in Libia, nel 2007 e nel 2008, un membro del Corpo svizzero d’aiuto umanitario, in qualità di “protection officer”.

Il DFAE non ha detto se è stata esaminata l’eventualità di impiegare la truppa speciale AAD10 per rimpatriare coattamente i due cittadini elvetici ancora trattenuti a Tripoli. “In linea di principio – si legge nella risposta scritta – il Consiglio federale non si pronuncia sull’eventuale utilizzo di un distaccamento militare”.

I soldi elvetici venivano affidati per interventi in favore dei rifugiati e dei migranti detenuti, nell’ambito dei programmi dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (HCR).

Nel medesimo comunicato, il DFAE rende noto che alla vigilia dell’arresto di Hannibal Gheddafi e di sua moglie, il dipartimento aveva ricevuto una richiesta da parte delle autorità ginevrine, nella quale si chiedevano chiarimenti in merito allo statuto giuridico dei due libici.

In quell’occasione, il DFAE aveva risposto che «le due persone non hanno alcuno statuto diplomatico in Svizzera e vanno quindi sottoposte al diritto ordinario». Tuttavia, tenuto conto delle ritorsioni che l’arresto avrebbe potuto avere sulle relazioni bilaterali tra Svizzera e Libia – come poi è stato – gli agenti di polizia andavano istruiti in modo da prendere «tutte le precauzioni del caso durante l’intervento».

Red. Int.

Crisi Libia-Svizzera: la Svizzera chiede scusa e torna il sereno

BERNA – Il presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz ha incontrato oggi a Tripoli il primo ministro Al Baghdadi A. El-Mahmudi, con cui ha deciso formalmente di ripristinare le relazioni bilaterali tra la Svizzera e la Libia. Lo annuncia in una nota odierna il dicastero elvetico delle finanze.

Le relazioni tra i due paesi sono tesissime ormai da mesi: da quando uno dei figli del colonnello Gheddafi è stato arrestato in Svizzera con l’accusa di maltrattamenti. Il governo libico reagì all’epoca con ritorsioni, rottura dei rapporti diplomatici, sottrazione di fondi dai conti elvetici, e con l’arresto di due cittadini svizzeri in Libia.

Grazie all’odierno accordo sottoscritto tra il presidente della confederazione e il primo ministro libico, «sono state ripristinate le relazioni bilaterali tra Svizzera e Libia». Perciò «tutte le attività consolari nonché le relazioni commerciali ed economiche di entrambi gli Stati, compresi i diritti di volo, vengono nuovamente ristabilite».

I due cittadini svizzeri attualmente trattenuti in Libia, dovrebbero quindi lasciare finalmente il Paese «nei prossimi giorni». Entrambe le parti hanno inoltre convenuto di nominare un rappresentante del Ministero degli affari esteri con il mandato di attuare il ripristino delle relazioni bilaterali.

Secondo la nota di Berna, per ottenere la liberazione dei due cittadini svizzeri e normlizzare nuovamente le relazioni con la Libia, entrambi gli Stati si sono trovati concordi, testualmente, coi seguenti punti:

  1. entrambi gli Stati designano congiuntamente un Tribunale arbitrale indipendente per esaminare le circostanze che hanno portato all’arresto di Hannibal Muammar Gaddafi e di sua moglie;
  2. la Svizzera è disposta a scusarsi per l’arresto sproporzionato e inutile di Hannibal Muammar Gaddafi e della sua famiglia da parte della Polizia ginevrina e per altre autorità svizzere.

Si tratta, specie per il secondo punto, di una brutta battuta d’arresto per l’autorità elvetica all’estero. Tuttavia, se si valuta il quadro considerando l’irrazionalità feudale e il folle lunatismo del regime libico, qualsiasi diplomazia matura potrà valutare la decisione di portare le proprie scuse come un semplice gesto di buon senso, più che un gesto di debolezza.

Come fa l’adulto nei confronti del bambino capriccioso che singhiozza, punta i piedi, e tira calci. «Va bene, dai: hai ragione. Ti chiedo scusa. Ora smettila di piangere».

Luca Spinelli

Crisi Libia – Svizzera: Gheddafi ritira 4,5 miliardi di dollari dalle banche

BERNA – Dalla pubblicazione annuale della Banca nazionale (BNS) sullo stato di salute degli istituti elvetici, si è scoperto oggi che la Libia ha ritirato da conti in Svizzera oltre quattro miliardi e mezzo di dollari.

Le minacce del leader libico Muammar Gheddafi contro la Svizzera, quindi, trovano oggi una concreta conferma. Per la precisione, nel 2008 la Libia ha ridotto l’importo dei suoi averi in Svizzera da 5,748 miliardi a 628 milioni di franchi (ovvero da circa 4,5 miliardi di dollari a 450 milioni).

Interpellato dall’agenzia Ats, il Dipartimento degli affari esteri elvetico ha affermato di non essere stato informato ufficialmente di tale comportamento. «Non disponiamo di elementi dettagliati sui soldi», ha specificato un portavoce del dipartimento, specificando tuttavia che «il ritiro di somme di questa entità non incide sull’economia globale». I soldi libici in conti svizzeri sono infatti pari a circa lo 0,3% di tutti i capitali stranieri ospitati nei forzieri della confederazione.

Con la notizia odierna, si conferma la decisione del leader libico di non dare segni di rilassamento della crisi diplomatica tra i due paesi. Da settimane la Svizzera non ha più un rappresentante ufficiale nella capitale libica: il nuovo ambasciatore elvetico è infatti in attesa da alcuni mesi di ottenere il permesso per entrare nel paese nord africano. Dopo il pensionamento anticipato volontario dell’ambasciatore Daniel von Muralt nella primavera scorsa, l’ambasciata a Tripoli è sostanzialmente deserta: «sul posto si trova solo un diplomatico accreditato», ha puntualizzato il portavoce.

Le relazioni tra Berna e Tripoli sono tesissime dal luglio dello scorso anno, quando in un hotel di Ginevra vennero temporaneamente arrestati uno dei figli di Gheddafi e sua moglie, accusati dai propri domestici di violenza privata. La procedura di arresto – una prassi per denunce simili – suscitò le ire furibonde del leader libico che dichiarò una durissima guerra diplomatica alla Svizzera che dura ormai da un anno. Quattro giorni dopo le autorità libiche decretarono ex abrupto l’arresto di due cittadini elvetici, ufficialmente per infrazione alla legge sul soggiorno, e interruppero i rapporti diplomatici ed economici tra le due nazioni. Si scopre oggi anche dell’ingente movimento di fondi che ne è seguito.

Intanto, mentre il leader libico intrattiene giovali e amichevoli relazioni con la vicina Italia, i due cittadini svizzeri non sono tuttora autorizzati a lasciare il paese africano.

Red. Est.

Crisi Libia Svizzera: a rischio i rapporti diplomatici

BERNA – Sempre più a rischio il già teso rapporto tra la Libia e la Svizzera. Daniel von Muralt, l’ambasciatore svizzero in carica, ha infatti annunciato che lascerà il proprio incarico anticipatamente.

I rapporti tra le due diplomazie sono divenuti incandescenti a seguito dell’arresto del figlio del leader libico Gheddafi e di sua moglie, avvenuto a Ginevra l’estate scorsa dopo una denuncia per maltrattamenti da parte di due domestici. Il figlio era stato arrestato per accertamenti e in seguito rilasciato dopo il ritiro della denuncia da parte dei domestici, come previsto dalla legge per qualsiasi cittadino. Ma le autorità libiche non avevano comunque gradito il trattamento riservato al figlio del colonnello. A poco sembrano servite anche le rassicurazioni del ministro degli esteri italiano Franco Frattini, che pochi giorni addientro aveva proposto un suo ruolo come mediatore.

L’ambasciatore von Muralt lascia il proprio incarico a Tripoli in piena crisi diplomatica. Era giunto nella capitale libica poco più di dodici mesi fa e se ne andrà qualche mese prima di compiere 65 anni. Stando a quanto afferma un portavoce del Dipartimento federale degli esteri, il successore è già in corso di nomina, ma verrà reso noto solo quando la Libia ne avrà accettato le credenziali. Una procedura diplomatica delicata, resa ancora più fragile dalle relazioni incrinate.

Le aziende elvetiche in Libia hanno ricevuto l’ordine di chiudere e a due dipendenti svizzeri viene tutt’ora impedito di lasciare il Paese. Dal canto suo Berna sconsiglia di recarsi in Libia, le cui autorità hanno ribadito l’intenzione di voler inoltrare denuncia contro le autorità ginevrine per i presunti maltrattamenti subiti dal figlio del colonnello. Intanto, la compagnia aerea elvetica ha soppresso i collegamenti con Tripoli nell’orario estivo, non potendo atterrare nella capitale.

Per questa ragione, essendo l’attività rallentata, anche il personale dell’ambasciata a Tripoli è ridotto.

L’ambasciatore svizzero Von Muralt aveva assunto il proprio incarico soltanto a fine gennaio 2008. Sei mesi dopo avvenne l’arresto di Hannibal Gheddafi. L’episodio ha innescato quella che si sta configurando come una delle più complesse crisi diplomatiche degli ultimi anni, non risolta nemmeno dal ritiro della denuncia da parte dei domestici.

Red. Int.

Crisi diplomatica tra Svizzera e Libia

GINEVRA – La Libia intende sporgere denuncia contro le autorità ginevrine a causa del temporaneo arresto del figlio del colonnello Muhammar Gheddafi e di sua moglie. Lo ha dichiarato oggi l’avvocato che tutela gli interessi di Tripoli in Svizzera, Charles Poncet.

La denuncia dovrebbe scattare nelle prossime due settimane presso il Tribunale di prima istanza di Ginevra, ha aggiunto Poncet, senza fornire ulteriori dettagli. Il Dipartimento federale degli affari esteri dal canto suo non ha voluto esprimersi in merito.

L’arresto di Hannibal Gheddafi e della sua consorte era avvenuto lo scorso luglio per presunti maltrattamenti ai danni di due domestici, che dietro versamento di un indennizzo avevano poi ritirato le accuse. Da allora le relazioni diplomatiche tra Berna e Tripoli sono rimaste tese.

Un esperto svizzero incaricato di far luce sulla vicenda era giunto alla conclusione che nessun atto illegale può essere imputato alla polizia e alla giustizia ginevrina.
Nel contempo aveva descritto l’intervento come «poco appropriato», poiché effettuato con «mezzi eccessivi, manette umilianti e mancanza di cortesia».

Red. Int. (ats)

Gheddafi si finge olandese… ma sbaglia email.

LONDRA – Se non fosse un racconto del Times di Londra chiunque griderebbe al “pesce d’aprile” fuori stagione: imbranati funzionari libici che si fingono dei nordici olandesi con lo scopo di importare un colonnello senza tenda, ma inviano un’email dalla Libia e vengono subito beccati.

La grottesca vicenda emerge oggi da una rivelazione del quotidiano londinese. Un paio di settimane fa alcuni finti funzionari olandesi hanno contattato un agente immobiliare di Upper East Side per affittare la Barclay Mansion, una lussuosa palazzina a sei piani sulla 78ma strada. L’agente Jason Haber, tuttavia, nel giro di poche ore ha fiutato l’imbroglio e bloccato la trattativa.

«Quando qualcuno dice di rappresentare l’Olanda – ha raccontato Haber al Times – è una garanzia. Ma dopo una breve conversazione ho capito che l’accento non era olandese».

Insospettito, l’agente immobiliare ha quindi chiesto alcune conferme via email. È a quel punto che i funzionari libici hanno commesso un piccolo errore: «quando hanno iniziato a mandarmi le e-mail, è diventato tutto chiaro: le e-mail venivano da un indirizzo dell’ambasciata libica».

«Tutte le conversazioni sono state molto sbrigative, erano assai maleducati» ha aggiunto ancora l’agente immobiliare, «dicevano cose tipo: “chiamate questa persona, fatelo subito, all’istante”». L’agente non ha mai presentato la proposta ai proprietari, dal momento che i libici volevano tutti e tre gli appartamenti, che non erano invece disponibili. La Barclay Mansion, è di proprietà di una famiglia che l’ha acquistata l’anno scorso per 18,5 milioni di euro.

Il giornale londinese sciorina poi la lunga lista di rifiuti ricevuti dalla delegazione di Tripoli per la sistemazione del colonnello, che per la prima volta ha dovuto anche rinunciare alla tradizionale tenda beduina che ha fatto piantare senza troppi problemi in giro per il globo, davanti all’Eliseo a Parigi e a Villa Pamphili a Roma.

Alla fine, il colonnello, che domani interverrà all’Assemblea generale dell’Onu dopo il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha dovuto accontentarsi della missione diplomatica libica a New York sulla 48ma strada, che è un ufficio, nota infine il Times, e soprattutto non ha il giardino.

Red. Est.